Alimentazione sana
Mangiare è per tutti noi una necessità fisiologica. A tavola, però, le nostre scelte sono influenzate da diversi fattori, non soltanto dalla sopravvivenza.
Quando lo stomaco è vuoto, assieme al pancreas rilascia l’ormone grelina, che comunica al nostro cervello lo stimolo all’alimentazione. Anche i nostri sensi si attivano quando percepiscono il cibo e stimolano la sensazione di fame.
Se il pasto è composto di una varietà di alimenti, i nostri sensi sono continuamente sollecitati, se invece l’alimento è uno solo, arriviamo a provare più rapidamente il senso di sazietà. L’arrivo del cibo all’intestino porta alla secrezione di alcuni ormoni che favoriscono il senso di sazietà.
Dopo il pasto e il relativo aumento delle concentrazioni di insulina nel sangue, anche il tessuto adiposo produce un ormone, la leptina, che avvisa il cervello di limitare l’assunzione di cibo.
Nel mondo occidentale, vista la facilità nel trovare gli alimenti, abbiamo la possibilità di mangiare a qualsiasi ora del giorno e della notte. Gran parte delle persone seguono però delle abitudini, e mangiano in momenti considerati socialmente opportuni per alimentarsi.
Osservando le società più povere, si nota che la scarsità di cibo porta il il numero dei pasti a diminuire, fino a uno o due al massimo al giorno.
Numerosi stati d’animo come la noia, l’ansia, oppure la depressione possono favorire l’assunzione di cibo, alla ricerca di conforto. Si pensa che questa sensazione di appagamento psicologico sia legata al ricordo della gratificazione sperimentata nell’infanzia da parte del figlio che viene alimentato dal genitore. Questo appagamento porta le persone a mangiare in momenti in cui il loro corpo non ne avrebbe davvero bisogno.
Lo stress in particolare, porta alla produzione dell’ormone cortisolo, che fa aumentare l’assunzione di cibo. Vi sono anche alcuni comportamenti sociali che associano l’alimentazione con una sensazione di appagamento. Ad esempio spesso si offre qualcosa da mangiare con l’intento di confortare o consolare.
Ricordiamo poi la soddisfazione sensoriale creata dalla percezione del cibo. Nonostante ad una prima impressione si possa pensare che i sensi maggiormente stimolati dagli alimenti siano olfatto e gusto, le maggiori aspettative nei confronti del cibo sono influenzate prima di tutto dalla vista. Poi olfatto e gusto interagiscono entrambe in sinergia per la percezione del sapore. Le papille gustative, i recettori del gusto, sono in numero maggiore nei bambini e poi calano gradualmente con la vecchiaia. Oltre a ciò, il senso del gusto si modifica in alcuni momenti particolari della vita, come la gravidanza, la menopausa, l’assunzione di alcuni farmaci, alcuni interventi chirurgici e talune malattie. Anche abitudini di tutti i giorni possono modificare la numerosità delle papille gustative, tra queste il fumo e l’assunzione di alcol.
In qualsiasi momento noi possiamo utilizzare la nostra forza dell’abitudine per cambiare la nostra percezione dei sapori. Ci possiamo abituare a sapori perché siamo convinti siano vantaggiosi oppure a sapori inizialmente percepiti come sgradevoli, come accade alla maggioranza delle persone con la birra o il caffè. Quando cerchiamo di diminuire la quantità di zucchero che mettiamo nel tè o nel caffè, ad esempio, inizialmente non ci piacerà, ma se continuiamo ci abitueremo al nuovo gusto e lo troveremo gradevole. Questo meccanismo si può sfruttare anche per acquisire abitudini più sane, ad esempio riducendo il consumo di sale o di grassi.
Il nostro modo di mangiare, quindi, è il risultato di una serie di fattori, interni ed esterni a noi, di cui è bene essere consapevoli quando decidiamo di iniziare un percorso nutrizionale.
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